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Counseling e psicologia umanistica

17 Maggio 2019Padova, Risorse per il counseling, VeronaVera

Paesaggi

Ogni volta che, per esigenze formative, mi accingo ad affrontare la teoria umanistico esistenziale, ad un iniziale timore di noia subentra ben presto qualcosa di diverso; mano a mano che mi immergo nella lettura dei testi di Carl Rogers e dei sui colleghi, alcune espressioni cominciano a risuonare dentro di me: Persona, incontro autentico Io-Tu, Accettazione, Libertà  esperienziale. Lentamente, le parole si creano uno spazio e cominciano a vibrare dentro, come una musica lontana e profonda che richiama alle vette. Sono quelle cime che all’inizio della mia ricerca scorgevo da lontano, a volte vivevo come irraggiungibili, e che ad un certo punto del cammino ho visto delinearsi in maniera pi๠nitida e a cui ho potuto dare un nome. Intravedere le vette, valori, ideali che ci attraggono verso, è l’inizio e puಠessere la via.

Sempre pià¹, mi pare di cogliere nei frammenti di racconti che raccolgo che viviamo immersi nella nebbia, come dei viaggiatori che hanno perso la strada. Disorientamento, spaesamento, sono esperienze che sempre pi๠fanno parte della vita quotidiana e che coinvolgono giovani sempre pi๠giovani ed adulti che recalcitrano a diventarlo. Sono vissuti che coinvolgono la vita nei suoi diversi ambiti: dallo studio al cui orizzonte si prospetta un mare di incertezze, al mondo del lavoro che sempre pi๠si fa incerto, che ci chiede prestazioni, che ci obbliga a metterci in discussione, senza peraltro avere un riscontro delle competenze che in anni di studi o di professione abbiamo maturato. Anche le relazioni da tempo assumono le caratteristiche della frammentarietà , del tempo a scadere, palesando la necessità  di inventare nuovi modi per stare assieme e far stare assieme storie ed esigenze diverse. Se poi ci spostiamo a livello sociale, si affaccia la difficoltà  di rapportarsi con persone che non condividono neanche una base culturale comune. Per non parlare di quando capirsi diventa difficile anche con chi da sempre abita e frequenta il nostro quartiere. Spaesamento, mancanza di riferimenti o riferimenti molto escludenti, perdita di motivazione, insicurezza o arroccamento nelle torri dell’esclusione e della difesa, fanno parte di un disagio che da esistenziale, assume sempre pi๠la connotazione di culturale.

Viaggiare nella nebbia è arduo e nemmeno il navigatore di moderna concezione ci aiuta, se i punti di riferimento vacillano; se la fiducia nel nostro navigatore interno vacilla, perchè magari ci ha già  fatto sbagliare strada, o si discosta molto da quei punti di riferimento esterno che sentiamo lontani, estranei e che non riconosciamo. Viaggiare, in queste condizioni puಠdavvero intimorire e diventa pi๠prudente rinviare, restando in un paesaggio che, seppur ristretto, seppur insalubre, seppure limitato, ci conforta per il semplice fatto di essere conosciuto.

Ma a tratti compaiono le vette, improvvise schiarite, un ricordo, un figlio che ci pone domande, una scelta di vita, un sogno, un libro, un incontro. Lo sguardo viene catturato da altre altezze, altri paesaggi, aria d’alta quota. E il respiro si fa ampio.

La psicologia umanistica ci dice con chiarezza quello che da sempre si sa e che, a volte, si scorda: l’uomo non è solo spinto da bisogni o determinato dalle influenze esterne, prigioniero tra il bisogno di sopravvivere e la necessità  di adattarsi ad un mondo esterno ( pensiamo a quanto sono pressanti le spinte al conformismo), ma attratto da mète, capace di evolvere, volto all’ autorealizzazione, capace di migliorarsi e creativamente tracciare la sua strada o la sua via (quella della professione, della famiglia, delle amicizie, dell’impegno sociale e culturale).

Dal dimenarsi nella nebbia al rivolgersi alla vetta e fare della vetta il traguardo, il passaggio non è cosa da poco e, a tratti, potremmo trovare giovamento da chi, pur condividendo il disagio in cui siamo immersi, ha raggiunto se non la vetta, almeno la fiducia e la sicurezza che, rischiare il viaggio paga della fatica e non solo.

Un esperto nell’aiuto è soprattutto un esperto della relazione d’aiuto, una persona che coltiva il campo della relazione per creare le condizioni per far crescere e vivere la vita, per ripristinare un movimento verso, per recuperare le risorse per”¦E’ una relazione che ricolloca al centro la persona, e in questo movimento le offre la possibilità  di ri-trovarsi di poter nuovamente sentire di poter decidere, di ritrovare la forza e la possibilità  di assumersi la responsabilità  delle scelte.
L’esperto della relazione d’aiuto conosce la montagna, i pericoli che nasconde, le possibilità ; conosce l’impegno e la fatica della salita, mette a disposizione i suoi mezzi. Puಠaccompagnare per un tratto del percorso, che è e resta unicamente dell’altro; lascia la responsabilità  della scelta, in un’impresa comune. Attraverso l’impresa si possono saggiare i propri limiti, misurare le forze.

Grazie ad una relazione accettante, empatica, autentica, la persona è messa nella condizione di sentire la sua direzione, soppesare le sue risorse, attivarsi per cercarne altre. La vicinanza puಠinfrangere il senso di solitudine, far sentire pi๠chiaramente il bisogno di condividere e attivarsi per”¦Si puಠscoprire di ritrovare la rotta nel momento in cui ritroviamo la connessione con ciಠche profondamente siamo, fortemente ancorati a ciಠin cui crediamo. Accettazione, empatia e autenticità , gli atteggiamenti imprescindibili di cui ci parla Carl Rogers, si traducono in comportamenti nell’incontro concreto con l’altro.
Nella società  della comunicazione, fanno parte dell’esperienza comune il non capirsi, il fraintendimento, la confusione, il pretendere la parola annullando l’altro. Riuscire a comunicare e a comprendersi implica volontà , abilità  e impegno costanti. L’esperienza di una comunicazione che miri alla comprensione, alla chiarificazione all’apertura e all’apprendimento è un’esperienza liberatrice ed educativa. Essere presenti nell’esperienza che stiamo vivendo apre lo sguardo a paesaggi, interiori ed esterni, del tutto inattesi.

Incamminandosi verso la vetta, a volte si modifica anche la base su cui poggiamo i nostri passi”, ma questa è un’altra storia.

All’uomo che indica la vetta.

Meri Zuin
Psicologa Psicoterapeuta

docente nel Master “Gestalt Counseling” a Verona e Venezia

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